LA TERRA SENZA FUOCHI

La chiamano terra dei fuochi, la terra dove per anni, per decenni, la camorra ha interrato rifiuti tossici con la connivenza della politica e delle istituzioni che non vedevano, non sapevano, ignoravano o, forse, vedevano, sapevano e lucravano.

La chiamano terra dei fuochi, per dare un nome poetico alla pattumiera d’Italia, dove imprenditori disonesti, ignobili, lerci hanno sotterrato i propri rifiuti che “costava troppo” smaltire in maniera onesta, finanziando i traffici messi in piedi dai Casalesi.

La chiamano terra dei fuochi, ma quei fuochi che bruciavano, e bruciano ancora, hanno con il loro bagliore acceso finalmente i riflettori; nuovamente, dopo le denunce di Saviano, dopo che per anni urla senza voce dei cittadini e della Chiesa di frontiera non erano riusciti a farsi prendere sul serio.

La chiamano terra dei fuochi, la terra di Gomorra. E non si poteva non vedere, non sapere, ignorare.

E qui sta il rischio della terra “senza fuochi”. Proprio quando i riflettori hanno iniziato, ad intermittenza, ad accendersi, il business ha rischiato di interrompersi. Troppi soldi, troppo grande l’affare per rinunciare.

I Casalesi sono criminali, imprenditori criminali. Da sempre la malavita esiste e resiste perché fa impresa, e gli affari dovevano continuare, non potevano non continuare.

C’erano i clienti, c’erano i soldi, c’erano i collusi, vecchi e nuovi.

Ed è qui che viene in gioco la terra senza fuochi.

C’era l’emergenza, l’emergenza rifiuti indotta e provocata. Untori di quello stato di emergenza che doveva costringere tutti ad abbassare la guardia. Accettare qualunque scorciatoia per ripulire le strade.

Discariche piccole e grandi, sversatoi temporanei, siti di stoccaggio. Quanti ne sono nati, come funghi, anche nella terra senza fuochi. Alcuni velenosi, come funghi. Amministratori che possono non aver visto, non saputo, ignorato o anche, visto, saputo, lucrato e che hanno avvelenato le proprie terre.

Speriamo non sia così, ma le regole del mercato, anche di quell’ignobile mercato dei rifiuti tossici, non lasciano molto spazio all’ottimismo. The business must go on, altro che show, e non è un bello spettacolo.

Cos’è successo in questi anni nella terra senza fuochi? Quanti “siti” sono realmente sicuri? Quanti “siti” esistono, ufficiali e non? E’ questo il momento di guardare a fondo. Prima che sia troppo tardi, com’è tardi per quella che una volta era la terra di lavoro.

Quanti funghi ci sono nella nostra Provincia? Chi sa, parli. Prima che sia troppo tardi. Un controllo del territorio è necessario, per la salute e la serenità di tutti.

I Comuni non hanno la forza per farlo; in alcuni casi, forse, la volontà, perché qualcuno può aver visto, saputo, lucrato.

Intervenga il Prefetto, con l’autorevolezza dello Stato centrale, ad avviare una mappatura dei siti, a realizzare rilievi a campione, a controllare che la terra senza fuochi sia rimasta immune.

E’ tutt’altro che scontato.

Se serve che qualcuno lo chieda, lo faccia questo giornale, con l’autorevolezza che da quasi 20 anni i lettori gli hanno dato.

Prima che sia troppo tardi e che anche nella terra senza fuochi siano i dati tumorali a suonare l’allarme. Allora sì che sarebbe troppo tardi.

(c) Vito Rizzo 2013

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