FRANCESCO, LE COPPIE GAY TRA DIRITTO E MORALE

Povero Papa Francesco, sempre tirato per la… talare…

Cos’ha detto di così strano? Nulla.

Fortunatamente questa volta non ci sono le fronde di laicisti a denunciare l’invasione di campo nelle leggi di uno Stato sovrano da parte della Chiesa, “il Papa dice sì alle Unioni Civili per le coppie omosessuali”.

Di contro non perdono occasione, frange di TeoCon, per seminare zizzania e ferire con i loro attacchi al Pontefice la stessa Chiesa che dicono di voler servire.

Cos’altro potrebbe dire un pastore che serve e vive il Vangelo di Gesù? Nel rispetto della laicità dello Stato è giusto dare a cittadini le tutele giuridiche tipiche di un rapporto stabile e duraturo, un contratto, diverso dal matrimonio del quale non ha i presupposti storici e antropologici, ma correttamente da disciplinare in uno stato di diritto. Piccolo particolare, in Italia quella legge già c’è e con aperture, limiti e forzature, già da qualche anno consente a coppie dello stesso sesso di dichiararsi il loro amore davanti all’Ufficiale di stato civile e vedersi riconosciuti dallo Stato alcuni diritti derivanti dalla stabile convivenza. Un diritto giuridico non presuppone un’omologazione morale. “Tutti hanno diritto a una famiglia”, a condividere stabilmente un rapporto d’amore. Giusto che ciò avvenga senza alcuna discriminazione relativa all’orientamento sessuale. Questo non cambia il magistero della Chiesa, non cambia le verità naturali e la distinzione sessuale che è alla base della capacità procreativa del genere umano. Il papa, giustamente, da “esperto in umanità”, brillante definizione con cui Paolo VI descriveva la Chiesa, si preoccupa degli uomini del nostro tempo, con le loro storie, i loro percorsi di vita, le loro sensibilità. È per questo che invita, come ha fatto anche nell’Amoris Laetitia, a rispettare e accompagnare i figli con tendenze omosessuali senza chiusure, con il dialogo paterno, con l’affetto materno, con l’amore che Dio riserva ad ogni creatura. Nella dignità di qualunque scelta di vita si possa compiere.

Nel documentario “Francesco” presentato con tanto clamore al Festival del Cinema di Roma il Papa invita anche un coppia omosessuale a non frenarsi dall’accompagnare i propri figli in parrocchia, la parrocchia deve essere un luogo inclusivo nel quale nessuno può sentirsi escluso dall’incontro con Cristo. E questo al di là degli errori dei padri, delle loro violazioni a leggi nazionali e internazionali, del mercimonio che hanno fatto dell’utero della madre naturale di quei figli per appagare un proprio desiderio egoistico. Il papa non ha avallato l’ignominia di queste pratiche, ha semplicemente aperto le braccia sue e della Chiesa a una situazione di fatto perché “le colpe dei padri non ricadano sui figli”. Sia chiaro dunque: riconoscere la legittimità di una copertura giuridica alle relazioni stabili anche di coppie omosessuali alle quali è, per diritto naturale, precluso l’istituto matrimoniale, non legittima l’ingiustizia di riconoscere a quelle coppie un presunto diritto alla genitorialità a qualunque costo. Su questo punto non possono esserci ambiguità: l’amore è un diritto, per tutti, eterosessuali e omosessuali. È giusto che lo Stato sappia disciplinarli con equilibrio e chiarezza.

Ma i diritti dei bambini? Strappati alla loro famiglia naturale, alla loro mamma, per scelta o per necessità, relegata al ruolo di gestante per altri. Su questo non possono esserci ambiguità. Il papa è su questo punto altrettanto chiaro: “no alla tratta degli esseri umani”, “no all’abuso sui bambini”, “no alla soppressione di diritti ai più deboli da parte dei più forti”.

L’utero in affitto è una pratica scandalosa, disumana, vigliacca. Sia che a praticarlo sia una coppia eterosessuale, sia che sia una coppia omosessuale. I bambini hanno il “diritto naturale” ad avere una mamma e un papà, non si giustifica la negazione di questo diritto per un presunto diritto ad essere genitore.

I figli non “sono un diritto” , i figli “hanno il diritto” ad essere figli. Non ci provate. In papa Francesco non c’è ambiguità.

(c) Vito Rizzo 2020

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