NATALE IN FAMIGLIA: DALL’ABITUALE ALL’ESSENZIALE

Nel lontano 3 dicembre 1992, dal computer dell’ingegnere inglese Neil Papworth partì il primo SMS della storia indirizzato al cellulare di un suo collega: «Merry Christmas» recitava Il testo, un augurio con qualche settimana di anticipo per l’imminente Natale.
È strano ripensarci in questi giorni, a ventotto anni di distanza e con un altro Natale di nuovo alle porte. Un Natale che si prospetta con molto meno “inviti” e molti più “invii”, di SMS, messaggi WhatsApp, videochiamate… Poche lettere soltanto per dire l’essenziale: «Buon Natale».
Difficile spiegarlo oggi ai nativi digitali, ma prima di quel sms le relazioni si svolgevano ancora “in presenza”, i corteggiamenti si facevano “in presenza”, i sentimenti e le emozioni si facevano filtrare con gli sguardi e non con preconfezionati emonji. Era quello il modo di flirtare…
Il boom si è avuto alla fine degli anni Novanta, quando il cellulare ha cominciato a diventare un oggetto inseparabile per milioni di adolescenti e non solo… Chi è nato in quegli anni, i nostri millennials, si è trovato a vivere in un mondo il cui linguaggio era già in profonda trasformazione.
Il linguaggio utilizzato negli SMS, estremamente sintetico e con abbreviazioni originali, ha finito nel tempo con l’influenzare il modo di scrivere, il linguaggio dei media, lo stesso modo di pensare o di stare insieme, di relazionarsi. Forse non riflettiamo abbastanza su quanto la “scrittura corta” rischi di inaridire anche lo spazio del pensiero, delle emozioni, delle relazioni, accorciando il primo, liquefacendo il secondo, allentando il terzo.
Poi è arrivata l’epoca degli smart-phone e lì la corsa alla comodità della comunicazione immediata ha di colpo ulteriormente stravolto ogni abitudine, costume o galateo.
Strano forse avventurarsi in queste considerazioni proprio in prossimità del Natale, vivendo in maniera così innaturale anche questo periodo di Avvento, ma probabilnente anche ragionare degli SMS può aiutarci a riconsiderare il buono da cui eravamo partiti e cambiare in queste feste il nostro modo di “stare in relazione”.
Non più “riunioni forzose” di famiglia, tutti attorno alla stessa tavolata ma proiettati lontano, “estraniati” proprio dalla finestra del proprio smart-phone. In fondo, forse, per quest’anno, (purché non diventi una triste abitudine anche per gli anni a venire), possiamo tornarci a guardare negli occhi dalle finestre del tablet, dello smart-phone o dell’i-pad. Una videochiamata per guardare gli occhi umidi dei nonni, dei genitori lontani, gli occhi luminosi dei bambini. Certo ci mancheranno gli odori, i sapori, i colori. Gli schiamazzi dei bambini, la confusione, i giochi, le risa. E allora forse per quest’anno sì, va bene così. Va bene vivere questa lontananza come un gesto d’amore, per avere cura dei nostri cari al di là del naturale ritrovarsi per le feste. Coltiviamo la pazienza dell’attesa, coltiviamo la cura della nostalgia, coltiviamo il ricordo degli odori, dei sapori, dei colori per prepararci a gustarli a breve ancora, e ancora, e ancora. Un Natale che ci leva “l’abituale” e che speriamo ci ridoni “l’essenziale”, il senso profondo e vero della presenza di Gesù: l’amore. E allora, a distanza di 28 anni dal primo SMS, facciamo in modo che le nuove tecnologie ci possano realmente aiutare a riscoprire tutto ciò che troppo spesso abbiamo dato per scontato. Che l’acronimo SMS quest’anno cambi significato: “Social, Mai Soli”. Per quest’anno viviamola così.
(c) Vito Rizzo 2020

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