Nella giornata di ieri la Chiesa ha festeggiato la memoria liturgica del beato Carlo Acutis. Eppure l’attenzione è ormai focalizzata sulla data in cui, durante l’imminente Giubileo del 2025, Papa Francesco proclamerà Carlo Acutis santo. Un riconoscimento ufficiale per il giovane “patrono di internet” che su scala mondiale gli è stato di fatto già riconosciuto da tempo. Quello che il sensus fidei ha colto da subito è che la forza della testimonianza del quindicenne milanese, morto nel 2006 a causa di una leucemia fulminante, è data da una vicinanza con Gesù che egli ha sperimentato già in vita e che ha trovato definitivo compimento a seguito della prematura scomparsa. Non a caso, per sua intercessione, continuano a verificarsi miracoli, guarigioni, conversioni, nuove vite, tra cui le due esperienze attestate nel corso del processo di canonizzazione che gli sono valse in via ufficiale gli onori degli altari.
Ma chi era Carlo Acutis? Per chi ancora lo ignorasse – nonostante il clamore mediatico che lo ha accompagnato instancabilmente in questi anni – Carlo era il giovane rampollo di una delle più influenti famiglie imprenditoriali italiane che tuttavia, sin da subito, aveva manifestato una particolare attenzione agli ultimi e una intimità profonda con Gesù e la Madonna.
La sua profonda fede nella presenza eucaristica di Gesù scandiva le sue giornate, con una partecipazione quotidiana alla Messa con tanto di “sosta” in adorazione davanti al Santissimo Sacramento.
Proprio questa intimità vissuta lo ha portato a scrivere nei suoi diari frasi che sono diventate un refrain della sua testimonianza: «L’eucaristia è la mia autostrada per i cielo», «non io, ma Dio», «tutti nasciamo originali, ma molti vivono da fotocopie».
Giovanissimo, traendo ispirazione dagli affreschi sui miracoli eucaristici presenti nel Santuario eucaristico di San Mauro La Bruca nel Cilento, a due passi dalla casa di famiglia di Palinuro in cui andava in vacanza, aveva “inventato” una mostra sui miracoli eucaristici in grado di viaggiare sul web ed essere così stampata e riproposta in ogni latitudine, in Italia, come in Spagna, negli Stati uniti e in America latina come in Asia, in Africa o in Australia. Evangelizzatore di quella Presenza che gli faceva dire che «noi siamo più fortunati di quelli che hanno vissuto al tempo di Gesù perché loro dovevano fare chilometri per vederlo, a noi basta scendere di casa e incontrarlo nella Chiesa più vicina dove ci aspetta nell’Eucaristia».
Il Santuario della Spogliazione ad Assisi è diventato meta di pellegrinaggi da tutto il mondo, una terza tappa obbligata che si aggiunge a quelle a San Francesco e Santa Chiara.
Il rischio però è dietro l’angolo: fermarsi all’apparenza di un giovane “moderno”, il cui corpo è esposto in tuta e scarpe da ginnastica e che con un insano senso di “devozione” viene troppe volte utilizzato come sfondo dei selfie quasi fosse una pop star o un calciatore famoso. È il prezzo da pagare alla società dell’apparenza… Forse sì, forse no.
Quello che è certo è che la testimonianza di Carlo Acutis non si fermava a sé stesso ma indicava costantemente Gesù. È a Lui che bisogna guardare per vivere in autentica pienezza di vita. È Lui che bisogna emulare per farsi prossimi ai poveri, agli svantaggiati, a quanti si sentono vuoti e smarriti. «Non io, ma Dio», appunto. Quello che la testimonianza di Carlo ci vuole mostrare è che non esistono ostacoli insormontabili sul cammino verso la santità. Non lo è la giovane età, non lo è vivere nei tempi moderni, non lo è essere ricchi e con un destino di successi già ampiamente preparato. Non lo è fare esperienza del dolore, non lo è fare esperienza dell’incomprensione, non lo è scegliere di vivere controcorrente. Attenti all’essenziale lasciando andare il superfluo. «La santità si conquista non per aggiunta ma per sottrazione», anche questo Carlo amava ripetere.
In attesa di vederlo ufficialmente tra i Santi non resta che fare tesoro del cuore autentico della sua spiritualità: l’amore per Gesù, l’amore per Maria, l’amore per la vita, l’amore per il prossimo. Il senso profondo della sua testimonianza sta nel farci conoscere e riconoscere anche oggi, ancora di più oggi, queste verità.
(c) Vito Rizzo 2024
[Articolo pubblicato sul quotidiano Le Cronache di Salerno del 13 ottobre 2024]
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