NICOLA VACCA, LA POESIA DELL’UOMO CHE INTERPELLA DIO

“Almeno un grammo di salvezza”, opera del poeta Nicola Vacca, recentemente ripubblicata da L’Argolibro, è un cammino di una profonda drammaticità spirituale che l’autore compie calandosi nei versi dei testi sapienziali dell’Antico Testamento.

Una vocazione, una chiamata, che si fa pro-vocazione, una chiamata verso qualcosa, o Qualcuno. È l’esperienza che la Parola di Dio, al pari di tanti agiografi della Sacra Scrittura, sembra voler rivolgere anche a lui, intellettuale a tratti anticlericale, o forse piuttosto antireligioso, ma tutt’altro che insensibile a quel richiamo dell’Oltre cui non può sottrarsi la sua anima poetica.

Quasi una lotta tra il razionale e lo spirituale che nei versi, autentici, incalzanti, profondi, drammatici vede il poeta aprirsi a un dialogo autentico, vero con quel Dio che la ragione gli imporrebbe di negare. Un dialogo a cui dice di non credere ma che nei suoi versi irrompe prepotentemente come linguaggio dell’anima.

Nei versi di Nicola Vacca, infatti, stimolati dalle risonanze della lettura dei testi della Bibbia, si respira la conflittualità dell’uomo, il suo chiedere conto a Dio della sua stessa esistenza, anzi dell’esistenza tanto dell’uno quanto dell’Altro. Un dialogo scandito nei sussulti dell’anima che squarciano il silenzio, che riecheggiano con forza nella parola, la parola umana che si aggrappa al senso del divino, che quando si fa poesia non riesce a negarlo, a nasconderlo, ma che tracima gli argini del laicismo razionale per manifestarsi nella sua straordinaria irruenza.

La poesia è così: va al di là anche delle intenzioni dello stesso poeta. È questa forza espressiva, spirituale, irrazionale che la rende autentica, che la rende nobile, che la rende vera.

(c) Vito Rizzo 2021

Leave a Reply

Your email address will not be published.


*