RELIGIONE A SCUOLA: UNA FRONTIERA DI LIBERTÀ

Benedetto XVI amava ricordare che l’evangelizzazione non avviene per proselitismo ma per attrazione. È qualcosa che non dovremmo mai dimenticare, ricordandoci di affidare allo spirito di Dio il compito di convertire i cuori. Ancora di più nella società di oggi dove ogni occasione è buona per il fronte laicista per dipingere la sfera religiosa, e qualunque forma di testimonianza, come un’invasione nella sfera privata dell’individuo.

La scuola, quale luogo educativo, quale palestra formativa della persona e delle coscienze, è senza dubbio una frontiera per l’evangelizzazione; ma appunto per questo il ruolo dei cristiani nel contesto scolastico non può mai prescindere dal rispetto dei ruoli e della libertà degli individui. Ciò non significa non testimoniare la propria fede, significa non utilizzare il proprio ruolo per fare proselitismo o per forzare esperienze spirituali che, invece, non possono essere in alcun modo imposte.

Qualsiasi forma di proselitismo, ce lo insegna la storia, si trasforma in una controtestimonianza che, nella migliore delle ipotesi “forza” la conversione, nella peggiore allontana dall’autentica esperienza di Dio.

Lo spunto per questa riflessione è naturalmente la cronaca di queste settimane.

Di certo il ruolo di un insegnante di religione cattolica non è quello di svolgere un’attività confessionale ma piuttosto quello di favorire la conoscenza di quelle radici culturali che sono parte integrante ed essenziale dell’offerta formativa della scuola italiana. Sbaglia chi pensa di fare dell’ora di religione il classico catechismo in orario scolastico, sbaglia chi vuole impedire che ai bambini, ai ragazzi, agli adolescenti vengano offerte le ragioni delle fede.

Nella scuola primaria il ruolo dell’insegnante di religione è quello di accompagnare la crescita del bambino aiutandolo a riconoscere il linguaggio di Dio nel creato e nella storia, del popolo di Israele prima e dell’intera umanità, grazie all’intervento di Gesù Cristo, poi. Farlo in maniera ludica, creando la consapevolezza delle festività civili che hanno le loro radici nella religione cristiana, insegnare a farlo in un clima di dialogo con la diversità di culture e anche di religioni che caratterizzano sempre più le nostre realtà, diventa un’occasione, anche per lo stesso insegnante, per gli alunni, per le famiglie, di far crescere la cultura del dialogo e dell’accoglienza che è data dal conoscere, riconoscere e valorizzare la propria identità. Una identità che poi, proprio nel confronto con l’altro, può aprirsi ad un reciproco arricchimento.

Nella scuola secondaria di primo grado questo percorso assume sempre più una interlocuzione con le altre forme di messaggio che invadono lo spazio di crescita umana, culturale e sociale dei ragazzi. La comprensione dei valori cristiani diventa così il modo di far crescere nella coscienza di ciascuno il senso di radici culturali e spirituali che costituiscono il tratto caratterizzante, in maniera più o meno consapevole, della cultura occidentale.

Nella scuola secondaria di secondo grado l’insegnamento della religione cattolica diventa la finestra sul mondo e sulla propria sfera più intima; non perché la fede debba imporre dei comportamenti ma perché attraverso la fede si accetti la complessità e la si affronti non rinunciando alla propria pienezza e alla propria originalità. Come amava sottolineare il beato Carlo Acutis, anche lui – ahinoi – oggetto di polemiche nelle scorse settimane, tutti nasciamo “originali” ma spesso rischiamo di diventare “fotocopie”. Scopo dell’insegnamento della religione cattolica, con l’apertura alla dimensione umana e personalistica anche in dialogo con altre culture e religioni, è scoprire che nella vita di ciascuno il Signore opera, sempre, «nel modo che Lui conosce» (GS 22). Un percorso culturale che assuma la dimensione religiosa come prospettiva di senso aiuta a scegliere chi diventare come donna, come uomo, come cittadino consapevole, nell’assoluta libertà.

È questa la sfida del cristianesimo, educare all’esercizio della libertà. Il proselitismo è quello che esercita la società di massa, l’attrazione è quella che in grado di suscitare il messaggio autentico del Vangelo nel cuore di ciascuno.

La responsabilità degli insegnanti di religione è quella di saper vivere la frontiera senza cedere alla tentazione di sentirsi “sconfitti in partenza”, rinunciando così all’annuncio, alla testimonianza che, beninteso, a scuola deve essere vissuta sempre in una dimensione pedagogica e culturale. Come pure bisogna resistere alla tentazione opposta, quella di fare della cattedra un pulpito, o ancor peggio, un ambone da cui predicare e non educare.

Certo, ciò non garantisce l’immunità da attacchi faziosi, strumentali e ideologici del fronte laicista che si ostina a chiedere con costante petulanza l’eliminazione di questo insegnamento, ma di certo questo approccio maieutico spunterebbe sul nascere tutte le armi ideologiche che vengono brandite da chi per snobismo o per paura non riconosce con pienezza il valore della libertà che il senso religioso aiuta ad accogliere e a coltivare.

È questa la sfida della libertà che è chiamata ad assumere la scuola italiana. Agli insegnanti, agli studenti, alle famiglie il compito di farla crescere e farla vivere, facendo della comunità scolastica quella palestra educativa che si alimenta nel reciproco rispetto, nella reciproca fiducia, nella reciproca accoglienza. In fondo, per chi crede, è quello che ha insegnato Gesù…

(c) Vito Rizzo 2023

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