BERLUSCONI (E IL BERLUSCONISMO): QUALE EREDITÀ LASCIANO ALL’ITALIA

La morte di Silvio Berlusconi segna indubbiamente un momento di bilancio per la politica italiana. In queste ore c’è chi ne tesse le lodi a reti unificate e chi, in senso opposto, non riesce a separare la sacrosanta analisi critica dal condimento dell’insulto. Piaccia o non piaccia resta il fatto che Silvio Berlusconi sia stato uno spartiacque sia nel campo imprenditoriale, che sportivo che politico. Il suo passaggio ha segnato un “prima” e un “dopo” del quale non si è potuto ( e non si potrà) non tener conto.
È stato così nel campo imprenditoriale dove dapprima con l’edilizia, poi con la grande distribuzione e infine nel campo della comunicazione ha introdotto in Italia il modello del “self made man” americano che ha scompaginato gli equilibri di una dimensione familiare e familistica dell’imprenditoria italiana. Si è introdotto tra le grandi famiglie padronali dell’ottonovecento, accolto dapprima come parvenu per poi essere osannato come garante del liberismo “parastatale” nostrano.
Sempre sul modello americano ha introdotto la TV commerciale, la grande impresa multimedia nazionale in grado di assecondare (indirizzare?) il cambio di costumi, di costruire (manipolare?) le coscienze, di informare (formare?) l’opinione pubblica.
Ha inventato, non senza forzature finanziare (il caso “Lentini” è stato l’antesignano delle odierne artefatte  plusvalenze), il Milan-spettacolo dominatore in Italia e in Europa. Uno strumento di accreditamento pubblico che ne ha poi avvalorato l’ascesa politica.
E qui siamo alla pagina che anche i millennials conoscono e riconoscono: il Berlusconi politico. L’incendiario della caduta del vecchio impero per il quale già da tempo aveva predisposto il succedaneo.
In questo il fiuto dell’imprenditore si è visto tutto: aggredire il mercato con un prodotto nuovo, riconoscibile, popolare (o meglio “populista”), rassicurante di fronte a un pericolo di destabilizzazione del sistema (il “comunismo”). È storia nota che Forza Italia sia nata negli uffici di Publitalia e che la sua diffusione capillare sia stata affidata prima che a politici agli agenti marketing dell’agenzia dell’allora gruppo Fininvest, poi Mediaset.
Ma qui si apre la riflessione che più ci deve interrogare. Quale eredità lascia l’impegno politico (e prima ancora imprenditoriale) sulla cultura e sul tessuto sociale del nostro Paese?
Di certo Berlusconi è stato sintesi di inconciliabili contraddizioni: difensore della famiglia tradizionale nei palazzi del potere (anche qui è noto a tutti l’asse con l’allora presidente CEI Camillo Ruini) quanto sdoganatore della famiglia allargata, della sessualità spinta, della commercializzazione del corpo e -ahinoi- dell’uso “funzionale” della donna. Quello che veniva difeso nello spazio istituzionale veniva eroso nelle fondamenta dello spazio pubblico più largamente inteso.
Come un Giano bifronte Berlusconi e il berlusconismo hanno cambiato per sempre il nostro Paese. Capace di rassicurare una visione tradizionale “cristiana” mentre si costruiva il passaggio a costumi decristianizzati.
Del resto questo è tipico delle politiche commerciali, indirizzare la percezione del bisogno per essere pronti a soddisfarla con un nuovo prodotto.
In questo Berlusconi è stato un ineguagliabile maestro.
Se l’Italia, la politica, l’imprenditoria ne abbiano beneficiato o meno è un giudizio che è lasciato agli storici che saranno chiamati a leggere i fatti un po’ più separati dalle opinioni.
A noi compete vivere il tempo presente con gli stracci e i cocci tutti ancora da raccogliere.
(c) Vito Rizzo 2023

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