CONFIDARE IN DIO: LA RICETTA DI SANTA TERESINA DI LISIEUX

Già dal suo incipit l’esortazione apostolica “C’est la confiance” sull’amore misericordioso di Dio, “ispirata” a Santa Teresina di Lisieux, dà il senso del valore della sua spiritualità ancor più oggi in una fase in cui la Chiesa è chiamata a leggere la propria missione in un contesto profondamente secolarizzato: «È la fiducia e null’altro che la fiducia che deve condurci all’Amore!».

Nel 150º anniversario della sua nascita, avvenuta ad Alençon il 2 gennaio 1873, e nel centenario della sua beatificazione, Papa Francesco ha voluto offrire alla Chiesa universale e al mondo intero la sua particolare prospettiva. Come ricorda il papa «La straordinaria carica di luce e di amore irradiata dalla sua persona si manifestò immediatamente dopo la sua morte, con la pubblicazione dei suoi scritti e con le innumerevoli grazie ottenute dai fedeli che la invocavano» (n.5).

Nella Storia di un’anima, il suo diario spirituale, Santa Teresa traccia un vero e proprio testamento missionario caratterizzato da un particolare modo di intendere l’evangelizzazione «per attrazione, non per pressione o proselitismo»; ciò è possibile proprio perché è la bellezza di Gesù ad attrarre tutto a sé. Papa Francesco attinge largamente ai testi di Santa Teresa per spiegare nella maniera più genuina il senso profondo di questo ardore missionario «Sento che quanto più il fuoco dell’amore infiammerà il mio cuore, quanto più dirò: Attirami, tanto più le anime che si avvicineranno a me (povero piccolo rottame di ferro inutile, se mi allontanassi dal braciere divino) correranno rapidamente all’effluvio dei profumi del loro Amato, perché un’anima infiammata di amore non può restare inattiva» (n.12).

Attraverso la “piccola via”, la via della fiducia e dell’amore, conosciuta anche come la via dell’infanzia spirituale, tutti sono chiamati a vivere con pienezza la grazia battesimale «in qualunque stato di vita» e «in ogni momento dell’esistenza». Riecheggia in questi passi lo stesso spirito della Gaudete et exsultate, l’esortazione apostolica sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo pubblicata nel 2018. Accettarsi con i propri limiti, confidando nella grazia soccorritrice e sovrabbondante dello Spirito Santo. Per descriverla, Santa Teresa usa l’immagine dell’ascensore: «L’ascensore che mi deve innalzare fino al Cielo sono le tue braccia, o Gesù! Per questo non ho bisogno di crescere, anzi bisogna che io resti piccola, che lo diventi sempre di più». Aggiunge il Papa «Piccola, incapace di fidarsi di sé stessa, anche se fermamente sicura della forza amorosa delle braccia del Signore» (n.16). Sta qui il “segreto”, la “dolce via dell’Amore”, aperta da Gesù ai piccoli e ai poveri, a tutti. È la via della vera gioia. Come mette in evidenza Papa Francesco «di fronte a un’idea pelagiana di santità, individualista ed elitaria, più ascetica che mistica, che pone l’accento principalmente sullo sforzo umano, Teresina sottolinea sempre il primato dell’azione di Dio, della sua grazia» (n.17).

Di qui un passaggio teologico molto delicato in quanto si sottolinea che «questo modo di pensare non contrasta con il tradizionale insegnamento cattolico circa la crescita della grazia, cioè che, giustificati gratuitamente dalla grazia santificante, siamo trasformati e resi capaci di cooperare con le nostre buone opere in un cammino di crescita nella santità» (n.18). Anzi è proprio da questa piccolezza che parte la grazia santificante che si traduce in un habitus che conforma l’intera esistenza del cristiano. Infatti «la fiducia che Teresina promuove non va intesa soltanto in riferimento alla propria santificazione e salvezza. Ha un senso integrale, che abbraccia l’insieme dell’esistenza concreta e si applica a tutta la nostra vita, dove molte volte ci sopraffanno le paure, il desiderio di sicurezze umane, il bisogno di avere tutto sotto controllo. È qui che compare l’invito al santo “abbandono”» (n.23).

Con questa esortazione Papa Francesco ha voluto proporre un testimone concreto a cui guardare per comprendere l’amore misericordioso di Dio che è in grado superare ogni ostacolo e ogni piccolezza umana. Un amore che ci soccorre non in quanto santi, piuttosto è un amore che ha la forza di farci santi quando siamo ancora peccatori (Rm 5,8). E ciò vale, come ha sperimentato Teresa, anche nella notte della fede, anche nelle tenebre più fitte, nell’oscurità dell’ateismo e del rifiuto della fede cristiana. L’amore di Dio, ci racconta Teresa, è presente anche nel «vuoto del nulla» consapevole che «l’oscurità non può estinguere la luce» (n.25-26)

È questa la forza estrema della sua testimonianza. Sottolinea Francesco che «il racconto di Teresina manifesta il carattere eroico della sua fede, la sua vittoria nel combattimento spirituale, di fronte alle tentazioni più forti. Si sente sorella degli atei e seduta, come Gesù, alla mensa con i peccatori (cfr Mt 9,10-13). Intercede per loro, mentre rinnova continuamente il suo atto di fede, sempre in comunione amorosa con il Signore: “Corro verso il mio Gesù, gli dico che sono pronta a versare fino all’ultima goccia il mio sangue per testimoniare che esiste un Cielo. Gli dico che sono felice di non godere quel bel Cielo sulla terra, affinché Egli lo apra per l’eternità ai poveri increduli”» (n.26). 

In una staffetta ecclesiale vissuta nel solco della successione apostolica è questo il “testimone missionario” che Santa Teresa di Lisieux offre a ciascun battezzato affinché, nel vivere in pienezza la propria grazia battesimale, sappia farsi prossimo di un’umanità che rifiuta, spesso con troppa indifferenza, il suo Salvatore.

Ecco perché allora, in una Chiesa missionaria, sull’esempio di Santa Teresina, è bene che «l’annuncio si concentr[i] sull’essenziale, su ciò che è più bello, più grande, più attraente e allo stesso tempo più necessario». In questo modo «La proposta si semplifica, senza perdere per questo profondità e verità, e così diventa più convincente e radiosa» (n.47). Ed è per questo che «il contributo specifico che Teresina ci regala come Santa e come Dottore della Chiesa non è analitico, come potrebbe essere, per esempio, quello di San Tommaso d’Aquino. Il suo contributo è piuttosto sintetico, perché il suo genio consiste nel portarci al centro, a ciò che è essenziale, a ciò che è indispensabile. Ella, con le sue parole e con il suo personale percorso, mostra che, benché tutti gli insegnamenti e le norme della Chiesa abbiano la loro importanza, il loro valore, la loro luce, alcuni sono più urgenti e più costitutivi per la vita cristiana. È lì che Teresa ha fissato lo sguardo e il cuore» (n.49). Su tutto prevale l’amore misericordioso di Dio: «Come teologi, moralisti, studiosi di spiritualità, come pastori e come credenti, ciascuno nel proprio ambito, abbiamo ancora bisogno di recepire questa intuizione geniale di Teresina e di trarne le conseguenze teoriche e pratiche, dottrinali e pastorali, personali e comunitarie. Servono audacia e libertà interiore per poterlo fare» (n.50).

È questa l’esortazione che, attraverso la figura di Santa Teresa di Gesù Bambino, il Papa offre al cammino personale e comunitario di ciascuno, affinché possiamo riconoscerci sempre più e autenticamente, chiesa missionaria.

(c) Vito Rizzo 2024

[Articolo pubblicato sulla Rivista Punto Famiglia]

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