A TAVOLA TRA FEDE E SCARAMANZIA

Il periodo estivo è occasione di pranzi, cene e tavolate, tanto in famiglia quanto alle sagre di paese. Molto spesso ci si ritrova a fare gesti che rievocano piccole “scaramanzie”, ma alle volte quello che noi facciamo non è superstizione ma una tradizione che ha forti radici religiose.

Pensiamo al vino rovesciato sulla tavola e all’abitudine di intingere un dito per bagnare dietro l’orecchio i commensali. Quante volte sentiamo urlare: “Porta bene!”. Il vino versato ricorda il sangue versato da Cristo del quale essere bagnati. “Porta bene” non è scaramanzia ma un ricordo, un memoriale: porta “il” Bene. Allo stesso modo si spiega l’attenzione rivolta al pane: mai metterlo a tavola rovesciato! Il pane è il “Corpo di Cristo”, e il corpo di Gesù non si può offrire capovolto, sarebbe una vera blasfemia. Altra premura che si ha nei confronti del pane è quella di baciarlo prima di gettarlo nel cestino. In passato si aveva maggiore abilità anche nel “riciclarlo” con ricette succulente: dalle polpette, al riempimento di altri alimenti, su tutti le melanzane ’mbuttunate o anche le alici ‘mbuttunate che ora sono ritornate di moda come piatti della tradizione. Il rispetto per il pane è il rispetto per il “corpo di Cristo”, un’attenzione in più e una preghiera sono senz’altro doverose.

Un rimando religioso lo conserva anche il divieto di incrociare le posate: troppo esplicito il ricordo della croce di Cristo. Del resto anche il galateo spiega per filo e per segno come vanno riposte prima, durante e a fine pasto.

Ai confini con la superstizione sono altre due credenze che hanno un richiamo all’Ultima Cena. La prima riguarda il numero di commensali, mai tredici! Il tredicesimo infatti era Giuda iscariota, il traditore di Gesù. Se proprio non si conosce nessun altro da invitare, basta apparecchiare ugualmente per 14 e fare come in Gran Bretagna dove il commensale in più è spesso raffigurato da un oggetto sulla tavola, a forma di gatto o di cane di porcellana.

Sempre a Giuda si lega l’usanza di non passare il sale di mano in mano. Secondo la tradizione popolare il sale infatti non si passa, si poggia. Questo perché la credenza rimanda a un gesto (non riportato nei Vangeli) secondo cui Giuda avrebbe rovesciato del sale in un passaggio di mani durante l’ultima cena poco prima di tradire Gesù. Per questa ragione nacque la convinzione che passarlo di mano in mano aumentasse la possibilità di farlo cadere, di qui il “malaugurio”, con l’unico rimedio di gettarsene un pizzico alle spalle per disinnescare la iattura…

Com’è evidente ciò ci porta a piè pari nel campo della superstizione a cui pure si legano altre usanze o credenze legate alla tavola. Come l’olio rovesciato sulla tavola (e sprecato)… con quel che costa! Figuriamoci il rammarico dei contadini dopo mesi e mesi di lavoro, le incertezze atmosferiche e della resa delle olive.

Come pure è d’obbligo togliere la tovaglia bianca dopo cena; troppo simile a un lenzuolo funebre tanto da diventare nella tradizione teatrale e cinematografica il classico vestito dei fantasmi.

Più storicamente solida è invece l’inopportunità di mescere l’acqua o il vino col dorso della mano verso il bicchiere. Il galateo lo considera un gesto di vera maleducazione. La ragione “storica” è presto detta: fin dall’antichità ci sono state tantissime storie di avvelenamenti e morti improvvise durante i banchetti. Il motivo è legato a un ingegnoso anello concavo con un tappo semovibile nel quale veniva riposto del veleno. Nel versare il vino con il dorso la bottiglia copriva la visuale dell’anello lasciando cadere il veleno nel bicchiere dell’ignaro commensale. Pare ne sapesse qualcosa una certa Lucrezia Borgia…

(c) Vito Rizzo 2025

[Articolo pubblicato sul quotidiano Le Cronache di Salerno del 24 agosto 2025]

Leave a Reply

Your email address will not be published.


*