LA NOTTE BUIA DEL TRADIMENTO

Nel giro di una settimana, attraverso la meditazione sulla Parola di Dio nell’Udienza del mercoledì, Papa Leone XIV è tornato due volte sul tema del tradimento, offrendo ai frettolosi media l’occasione di titoli ad effetto che rinunciano alla complessità del messaggio evangelico.

Il contesto innanzitutto è quello del tradimento di Giuda durante l’Ultima Cena, prima nel Vangelo di Marco (Mc 14, 18-21) e poi nel Vangelo di Giovanni (Gv 13, 21-30). Un tradimento doloroso, “gratuito”, che ferisce e addolora profondamente Gesù: «In verità io vi dico: uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà» (Mc 14,18).

Gesù non scappa dalla verità, non lo fa mai. E ciascuno di noi è chiamato a non farlo mai, per quanto dolorosa possa essere.

La scena ci mostra un peccato senza nome e ciascuno dei discepoli si interroga sulle proprie fragilità. È su questo spunto che il Papa invita a soffermarci: «Gesù non denuncia per umiliare. Dice la verità perché vuole salvare. E per essere salvati bisogna sentire: sentire che si è coinvolti, sentire che si è amati nonostante tutto, sentire che il male è reale ma non ha l’ultima parola. Solo chi ha conosciuto la verità di un amore profondo può accettare anche la ferita del tradimento».

Chiariamo: «accettare la ferita del tradimento» non significa accettare il tradimento. Significa accettare che il tradimento interroghi le nostre certezze, le nostre abitudini, le nostre sicurezze, le nostre fragilità. È un’operazione di verità ineludibile, senza la quale non c’è spazio per una scelta; per nessuna, autentica, scelta.

In questa prima meditazione il 13 agosto Leone XIV ha invitato a mettersi dalla parte del traditore, che coinvolge tutti, perché «proprio lì, nel punto più oscuro, la luce non si spegne. Anzi, comincia a brillare. Perché se riconosciamo il nostro limite, se ci lasciamo toccare dal dolore di Cristo, allora possiamo finalmente nascere di nuovo. La fede non ci risparmia la possibilità del peccato, ma ci offre sempre una via per uscirne: quella della misericordia».

È importante riappropriarci di questa consapevolezza: «Gesù non si scandalizza davanti alla nostra fragilità. Sa bene che nessuna amicizia è immune dal rischio del tradimento. Ma Gesù continua a fidarsi. Continua a sedersi a tavola con i suoi. Non rinuncia a spezzare il pane anche per chi lo tradirà. Questa è la forza silenziosa di Dio: non abbandona mai il tavolo dell’amore, neppure quando sa che sarà lasciato solo. […] In fondo, questa è la speranza: sapere che, anche se noi possiamo fallire, Dio non viene mai meno. Anche se possiamo tradire, Lui non smette di amarci. E se ci lasciamo raggiungere da questo amore – umile, ferito, ma sempre fedele – allora possiamo davvero rinascere. E iniziare a vivere non più da traditori, ma da figli sempre amati».

Mercoledì 20 agosto Papa Leone è ritornato sul tema attraverso l’episodio raccontato nel Vangelo di Giovanni mostrandoci la reazione di Gesù al tradimento e invitandoci ad assumere la sua prospettiva: «Gesù porta avanti e a fondo il suo amore. Non perché ignori ciò che accade, ma proprio perché vede con chiarezza. Ha compreso che la libertà dell’altro, anche quando si smarrisce nel male, può ancora essere raggiunta dalla luce di un gesto mite».

Come detto, ciò non significa far finta di nulla, significa accettare una logica alternativa a quella dell’odio, del rancore. È la logica dell’amore che non significa amare come se non fosse successo nulla, è un’illusione. Non significa perdonare dimenticando il tradimento, sarebbe contrario alla verità. Significa perdonare “nonostante” il tradimento. Significa avere la forza di non farsi devastare dal tradimento ma trovare le ragioni di una ricerca del bene possibile.

Non significa nemmeno “restare” in una relazione, significa, però, restare in relazione.

Come mette in evidenza il Papa «l’amore di Gesù non nega la verità del dolore, ma non permette che il male sia l’ultima parola. Questo è il mistero che Gesù compie per noi, al quale anche noi, a volte, siamo chiamati a partecipare. […] Perdonare non significa negare il male, ma impedirgli di generare altro male. Non è dire che non è successo nulla, ma fare tutto il possibile perché non sia il rancore a decidere il futuro».

Il perdono è una via di pacificazione, per chi è tradito prima ancora che per chi ha tradito. È questa la forza che si chiede nella preghiera, è la forza che viene dalla fede. Non è una ricetta utopistica, è la grazia di non lasciare vincere il male. Chiamandolo con il suo nome. Non rinunciando alla verità per vigliaccheria o convenienza. Gesù ci mostra una via di salvezza: «non cede al male, ma lo vince con il bene, impedendogli di spegnere ciò che in noi è più vero: la capacità di amare».

(c) Vito Rizzo 2025

[Articolo pubblicato sul quotidiano Le Cronache di Salerno del 31 agosto 2025]

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